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Senza lavoratori non c’è servizio: al San Camillo perse in due anni 260 unità, le assunzioni previste saranno meno delle uscite

Senza lavoratori non c’è servizio: è questo il tema fondamentale della campagna lanciata dalla Fp Cgil di Roma e Lazio, in questi giorni concentrata su un ramo essenziale dei servizi pubblici, quello sanitario. Tema oggi al centro del dibattito dopo la visita della Ministra Grillo al Pronto soccorso dell’Umberto I e al successivo annuncio da parte del Presidente Zingaretti di un patto per la salute tra Governo e regioni che elevi i finanziamenti a 10 miliardi in tre anni, fondamentali per l’ingresso straordinario di 100 mila lavoratori nel sistema sanitario nazionale.

Come abbiamo già ricordato, nel Lazio la lenta riapertura ad assunzioni e stabilizzazioni, dopo 10 anni di commissariamento, da noi fortemente sostenuta, non è sufficiente a colmare quanto si è perso. L’allarme lanciato pochi giorni fa sul dato occupazionale, ha prodotto i primi risultati: lunedì le ASL sono convocate in assessorato proprio per discutere di una delle principali criticità, la lentezza delle procedure concorsuali, che lasciano sguarnita la platea di vincitori e idonei per andare avanti con le assunzioni già programmate con il piano assunzionale fino al 2020. Numeri però ancora insufficienti a colmare le carenze, e il cui effetto sarà dimezzato dalle prossime uscite.

Il vero rischio è la tenuta del sistema, il peggioramento dei servizi ai cittadini – già oggi al collasso – e il mancato raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza. Il campo dei servizi sanitari pubblici non deve restringersi ma allargarsi. Oggi i riflettori sono accesi sul Policlinico Umberto I, dove ricordiamo è in corso lo stato di agitazione di tutto il personale, interno ed esternalizzato. Ma vogliamo evidenziare qual è la reale condizione di tutti i principali plessi ospedalieri e aziende sanitarie del Lazio. Al S. Camillo Forlanini l’età media, come ovunque, è elevatissima: hanno tra 55 e 67 anni il 42% del personale del comparto sanitario, oltre il 56% dei medici e quasi il 60% della dirigenza amministrativa. Vuol dire che a restare sguarniti non sono solo i servizi sanitari, ma anche quelle strutture amministrative strategiche per il completamento dei percorsi assunzionali, dalle procedure di stabilizzazioni a quelle concorsuali. In totale dal 2016 sono state perse 260 unità, di cui 183 del personale sanitario. Si prevedono in totale, medici e amministrativi inclusi, 551 assunzioni, ma quasi il doppio potrebbero uscire, per il raggiungimento dei requisiti per andare in pensione, ampliati dall’introduzione di quota 100.

Tutte le istituzioni devono collaborare per aprire a un piano straordinario di assunzioni, una delle prime rivendicazioni che porteremo in piazza il 9 febbraio. Il sindacato c’è e vuole lavorare per i servizi dei cittadini, possibile solo tornando a investire sul lavoro.

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