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Sanità Lazio, operatori al limite. I sindacati mettono all’indice i problemi irrisolti. Cgil Cisl Uil: “Su assunzioni, precari, vaccini e fondi contrattuali serve un deciso passo avanti. Nel privato, via l’accreditamento a chi non applica i contratti”

“I lavoratori della sanità sono al limite, anzi oltre il limite delle loro possibilità. Da mesi l’intera comunità sta chiedendo al loro impegno e alla loro professionalità sforzi straordinari per gestire la pandemia e ora la campagna vaccinale. E’ il momento che la Regione metta mano alle tante questioni aperte. Su assunzioni, precariato, vaccini e fondi contrattuali serve un deciso passo avanti”. Giancarlo Cenciarelli, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini – segretari generali di Fp Cgil Roma e Lazio, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl Roma e Lazio – tornano a mettere all’indice le criticità del sistema sanitario regionale e a chiedere un confronto per dare ossigeno agli operatori delle aziende sanitarie e ospedaliere.

Nell’immediato, a preoccupare le federazioni di categoria è l’andamento della campagna vaccinale tra il personale dei servizi alla salute: “Ci sono ancora troppe figure tenute ai margini e a cui è stato finora negato il diritto all’immunizzazione: come ad esempio gli operatori amministrativi che lavorano in front office e in presenza, oltre al personale esternalizzato. Questo non solo rappresenta una discriminazione incomprensibile, ma anche un pericolo per la trasmissione del contagio. Per la sicurezza di lavoratori e utenti, tutte le professionalità del Ssr devono essere vaccinate, senza distinzione. E poi bisogna dare seguito ai programmi di screening seriologico per verificare l’effettiva efficacia dei vaccini. Al momento si è iniziato solo all’Asl Roma 1, allo Spallanzani e all’Umberto I, mentre si è fermi in tutte le altre Asl e ospedali”.

Inoltre va risolto il problema della carenza del personale che, rimarcano Cenciarelli, Chierchia e Bernardini, “sta mettendo in seria crisi il funzionamento dei reparti e dei servizi. Turni raddoppiati, carichi di lavoro insostenibili, reparti tenuti chiusi, ricorso allo straordinario obbligatorio, che alcune aziende come il San Giovanni Addolorata, rifiutano addirittura di retribuire. Le carenze di organico sono una piaga cronica della sanità laziale, derivano da oltre 10 anni di piani di rientro e turnover bloccato e ora sono esplose con la pandemia. Nonostante le assunzioni fatte, tra pensionamenti e cessazioni, mancano tuttora 10mila unità fra  infermieri, tecnici, ostetriche, fisioterapisti, operatori socio sanitari, assistenti sociali, amministrativi, professionisti e dirigenti del servizio sanitario. Così non si va avanti”.

“Senza contare che circa 3.500 lavoratori sono precari: a tempo determinato, somministrati, esternalizzati  o partite Iva”, precisano i segretari regionali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl. “Servono assunzioni che garantiscano i percorsi di salute. Servono certezze per il personale precario, come abbiamo rivendicato anche con lo sciopero nazionale del 9 dicembre scorso: applicazione della “legge Madia”, rinnovo dei contratti in scadenza e concorsi riservati per chi ne ha diritto. Non possiamo permettere che scelte sbagliate tornino ad alimentare l’aumento del precariato o che competenze ed esperienza acquisita vadano disperse”.

Nel lungo elenco dei sindacati, c’è anche il tema dei fondi contrattuali, rispetto al quale Cenciarelli, Chierchia e Bernardini chiedono con forza la rivalutazione per dare riconoscimento a chi altrimenti rischia la beffa di vedersi nientemeno che la retribuzione tagliata: “Tutto il personale della sanità è assolutamente meritevole di riconoscimento, anche economico, per lo spirito di abnegazione mostrato. Produttività e salario accessorio devono crescere, non diminuire. E se il Mef si oppone burocraticamente alla riparametrazione dei fondi sul personale reale e non fittizio, la Regione deve intervenire. Non possono essere i lavoratori a pagare anche il prezzo dell’inerzia delle istituzioni”.

“Per non parlare poi della sanità privata accreditata dove una fetta ancora troppo grande dei 25mila dipendenti, dopo aver atteso 14 anni per la firma del nuovo contratto, sta ancora aspettando la completa applicazione del ccnl da parte delle strutture. Mentre per i lavoratori delle residenze sanitarie assistenziali, tra i più segnati dall’emergenza. non è stata rispettata la promessa di aprire il tavolo per il rinnovo, una vergogna”, proseguono i segretari. “Lo ribadiamo: la Regione deve togliere l’accreditamento a chi non è in regola e costringere le Rsa a rinnovare i contratti”.

“Noi non smetteremo di incalzare la politica, le aziende e i management sui bisogni veri della sanità e delle persone”, concludono Cenciarelli, Chierchia e Bernardini. “E siamo pronti ad ogni iniziativa per dare valore al lavoro degli operatori e far crescere la qualità delle cure a vantaggio della comunità”.

IL VOLANTINO