In attesa che si apra il tavolo con il Governo sulla previdenza che dovrà ridefinire le regole e la tenuta del sistema previdenziale dai prossimi anni, Cgil Cisl e Uil hanno rimesso al centro la proposta contenuta nella piattaforma unitaria per una riforma del sistema previdenziale che superi le attuali iniquità come il possibile scalone per lo stop a Quota100 nel 2021 e consenta a tutti – specie ai lavori gravosi – un’uscita flessibile senza penalizzazioni, guardando alla tutela di donne, al riconoscimento del lavoro di cura, ai giovani e alle carriere discontinue. L’ipotesi “quota102” (64 anni – due in più rispetto alle attuali regole di Quota 100 – e 38 di versamenti) è stata rigettata dalle organizzazioni sindacali, sia per l’elevazione dei requisiti sia per il ricalcolo contributivo, che penalizzerebbe chi ha versato una parte di contributi col precedente sistema retributivo. La contro-proposta dei sindacati, su cui si è aperto il dibattito politico in questi giorni, fa riferimento alla previsione di uscita con 62 anni e 20 di contributi o con un massimo di 41 anni di contributi a prescindere dall’età, introducendo a un sistema flessibile (da 57 a 65 anni di età), per chi rientra nel sistema contributivo, rivedendo anche i coefficienti di trasformazione per superare l’attuale sistema di adeguamento all’aspettativa di vita. Da Quota 100 a opzione donna all’Ape social, queste sono per quest’anno le possibilità ancora valide per andare in pensione con 4-5 anni di anticipo rispetto al limite dei 67 anni di età (che resterà tale almeno fino al 2022):
(Fonte: Sole24Ore – 13 gennaio 2020) Qui il comunicato della Cgil (10-1-2020) –> http://bit.ly/2Rptb0n