Buon pomeriggio,
in questi giorni i dati relativi ai contagi ed ai ricoveri ci danno la percezione di una progressiva uscita dalla fase emergenziale dovuta alla pandemia.
Sono stati mesi in cui il Servizio Sanitario è stato costretto a riorganizzarsi in tempi rapidi, affrontando evidenti criticità. Dalla carenza dei Dispositivi di Protezione Individuale, dei primi mesi dell’emergenza, alla necessità di approntare posti letto di terapia intensiva in numero sufficiente. Con le difficoltà connesse sia a problemi strutturali, come ad esempio gli impianti di erogazione dell’ossigeno, sia a problemi di un sufficiente reclutamento del personale.
Nel Lazio la situazione ante pandemia presentava già una sostanziale carenza d’organico, non dobbiamo dimenticare infatti che questa regione veniva da un lungo periodo di Commissariamento e Piano di Rientro.
Dal 2004 al 2019 infatti il numero dei lavoratori dipendenti del SSR è passato da oltre 55.000 unità a poco più di 43.500 unità, come risulta dai dati del Conto Economico. Di contro questo ha avuto come corrispettivo un incremento della spesa per la sanità accreditata pari proprio alla diminuzione avuta per il pubblico.
In questo contesto è iniziata la fase emergenziale nella Regione Lazio.
A fronte della conclamata carenza d’organico, sin dall’inizio, la nostra richiesta, come FP CGIL, è stata di procedere con assunzioni a tempo indeterminato in tutti i casi in cui si avevano graduatorie di idonei disponibili, come ad esempio nel caso della graduatoria per gli infermieri resa disponibile dall’Azienda ospedaliera S. Andrea che rendeva disponibili oltre 7.000 idonei.
Abbiamo apprezzato che l’Assessorato ha accolto, anche se non nella loro interezza, le nostre proposte procedendo complessivamente a circa 7.500 assunzioni tra personale dirigente e personale del comparto purtroppo non tutti a tempo indeterminato.
Il potenziamento di organico che si è avuto nell’immediato ha permesso al Servizio Sanitario Regionale di reggere i picchi di ricoveri e di gestire il complesso sistema del monitoraggio con tamponi.
Non va dimenticato però che la rimodulazione dei posti letto finalizzati all’emergenza Covid ha significato un depotenziamento delle altre tipologie di prestazioni, a volte a favore delle aziende private altre volte con il mancato accesso degli utenti a percorsi di cura o di prevenzione.
Ad oggi stimiamo che sono oltre un milione e settecentomila le prestazioni non erogate, nel Lazio, dal Servizio Sanitario Regionale nell’anno 2020.
Attualmente lo sforzo prioritario per il Servizio Sanitario Regionale è sicuramente completare nel minor tempo possibile il primo ciclo della campagna vaccinale.
La fase pandemica, nella sua tragicità, deve farci riflettere sia sulle scelte operate sia sulle criticità emerse, a maggior ragione in un SSR come quello del Lazio.
In questi mesi abbiamo avuto interlocuzioni con l’Assessorato alla Salute della regione Lazio che ha portato alla sottoscrizione di buoni accordi, sia per quanto riguarda il riconoscimento di indennità e premi al personale più esposto nella lotta contro il Covid sia per quanto riguarda aspetti più organizzativi come ad esempio il protocollo d’intesa sul precariato.
Restano però temi di fondo che vanno affrontati in un discorso più sistematico.
Come dicevo poc’anzi il SSR del Lazio è uscito dal Commissariamento con una drastica riduzione del perimetro pubblico. Questa riduzione si è esplicitata soprattutto con un impoverimento della sanità territoriale. I distretti, che già in precedenza, prima del commissariamento, non avevano mai trovato la loro forma compiuta, in questi ultimi anni sono stati progressivamente impoveriti dal punto di vista del personale con molti casi di Servizi che sono stati esternalizzati, come accaduto spesso per i servizi di assistenza domiciliare. A questo aggiungiamo che i distretti sanitari risultano estremamente disomogenei, con singoli distretti che pesano come intere province.
La riabilitazione ed il socio sanitario è diventato quasi totale appannaggio del privato, autorizzato ed accreditato.
Inoltre per far fronte alla campagna vaccinale, come anche ai tamponi, troppo spesso si è fatto ricorso ad affidamenti a soggetti esterni al personale dipendente. Gli HUB Vaccinali di Torrice, Fiumicino e Stellantis, solo per citarne alcuni, sono affidati alla Croce Rossa.
In questa fase diventa importante procedere a ridefinire Servizio Sanitario Regionale rafforzando il territorio. Non solo programmando l’attivazione di quanto previsto nel PNRR come ad esempio gli ospedali di comunità o le case della salute. Ma ripristinando le attività di presa in carico, diagnostica, prevenzione e di cura che sono appannaggio della sanità territoriale senza gravare sulla sanità ospedaliera e reinternalizzando le attività che ancora oggi sono oggetto di appalti a soggetti imprenditoriali.
I distretti debbono essere potenziati per diventare la vera chiave di volta di un SSR che sia davvero capace di dare risposte ai bisogni di salute della popolazione.
Nel 2020, come già detto, nel Lazio, sono state fatte circa 7500 nuove assunzioni. Di queste 4000 a tempo indeterminato e 3500 a tempo determinato, con scadenza prevista, ad oggi, per il 31 dicembre 2021. A fronte di queste assunzioni abbiamo stimato, in assenza di dati ufficiali, interpolando i dati anagrafici aggregati e gli andamenti in alcune aziende, che nel 2020 il Servizio ha avuto circa 3000 cessazioni, soprattutto per pensionamento. E tante altre ce ne aspettiamo nel 2021.
Attivare le RSA pubbliche, reinternalizzare i servizi esternalizzati, potenziare i Servizi Presal, costituire centri di vaccinazione stabili e pubblici (perché purtroppo non possiamo pensare che , investire e potenziare la rete dei consultori dovrebbero essere obiettivi prioritari per il SSR post pandemia. Per fare questo è necessario investire sul personale. Prevedendo assunzioni che non si limitino a sopperire al naturale turn over ma che prevedano, in tempi definiti, il ritorno ai livelli occupazionali pre commissariamento ed al contempo prevedano percorsi, nella norma, di stabilizzazione dei precari e di valorizzazione, come previsto dalla legge regionale, dei percorsi lavorativi prestati per soggetti privati in appalto. Per questo stimiamo una necessità di almeno 8000 assunzioni entro il 2023.
Uscire dall’emergenza, non solo da quella del COVID, passa attraverso la valorizzazione del personale.