Ci sono voluti oltre 10 anni, due scioperi, decine di picchetti e assemblee cittadine, centinaia di assemblee sui posti di lavoro. Ma alla fine Ama, dopo la modifica della maledetta delibera 58 del 2015 e l’approvazione del piano assunzionale da parte della Giunta capitolina, potrà tornare ad assumere.
È uno dei tre tasselli per salvarla. Perché senza personale non si può offrire un servizio adeguato, e l’affanno di queste settimane lo dimostra: in piena estate, quando solitamente la città è più pulita, anche a causa dell’improvvida internalizzazione della raccolta differenziata per le utenze non domestiche, Ama non ce la fa.
Gli altri due tasselli sono il piano industriale e la stabilità finanziaria. Servono gli uomini e le donne in divisa arancione, ma servono anche mezzi e impianti, un progetto industriale e una riorganizzazione dei servizi all’altezza della Capitale (rivedere il porta a porta, che causa condizioni di lavoro indecorose; rivedere i “giri”, ovvero l’organizzazione della raccolta; potenziare quella stradale effettuata tramite mezzi pesanti, pena un eccesso di raccolta manuale che ammala gli operatori). E servono bilanci solidi, approvati, in grado di sostenere la mission di un’azienda che va salvata, prima che rilanciata.
L’accordo sottoscritto ieri segna un passo avanti in questa direzione e sancisce un principio di responsabilità da parte di una importante azienda pubblica, in particolare in tema di appalti. Tardivo ma importante. Dopo aver per anni criticato le esternalizzazioni, in questi mesi abbiamo visto internalizzare i servizi in modo frettoloso e con ricadute pesantissime dal punto di vista sociale. Il piano assunzionale mette un primo paletto, una selezione apposita per valorizzale chi ha lavorato in appalto nel settore raccolta e trasporto rifiuti. È una vittoria vera, per quanto frutto di una mediazione. Ma gli accordi sono sempre frutto di una mediazione.
Le graduatorie, stilate tramite i Centri per l’Impiego della Regione Lazio, dureranno 3 anni e potranno essere prolungate per altri 3, di modo da permettere un percorso assunzionale lungo, che accompagni la riorganizzazione dei servizi e le eventuali future internalizzazioni.
Si assumono, per il 2020, 3 figure: 225 operai di zona (una selezione per 100 inoccupati e una, come dicevamo, per chi ha già operato nel settore), 40 meccanici e 20 operatori cimiteriali. Mentre la prima selezione si rivolgerà a chi entra nel mercato del lavoro, le ultime 3 punteranno ad acquisire professionalità. La partita sugli impianti, viste le difficoltà di questa fase e la mancanza di un piano industriale, viene spostata al 2021. Ma per quanto ci riguarda resta prioritaria: o la Capitale si dota di impiantistica o qualsiasi progetto non avrà le gambe per rilanciare AMA e chiudere il ciclo dei rifiuti.
Congiuntamente si aprono 4 tavoli, necessari per accompagnare questo processo:
– quello sul lavoro domenicale, ferita aperta in AMA e che va ricucita, già programmato per l’1 settembre;
– riorganizzazione delle officine, necessaria per rilanciare un settore nevralgico per la tenuta del servizio;
– rimodulazione dell’orario di lavoro;
– riorganizzazione del servizio e reingegnerizzazione.
Tra le tante difficoltà questa è una vittoria. Una vittoria del sindacato unitario. Ma senza la politica, quella che decide e che può accompagnare questo processo, il salvataggio di AMA non sarà possibile.
Serve nell’immediato l’approvazione del piano finanziario tariffa, e nel breve periodo l’approvazione dei bilanci.
Nelle prossime settimane seguiremo la prosecuzione dell’iter per arrivare in fretta alla pubblicazione dei bandi, e vigileremo affinché tutto avvenga nella massima trasparenza.